Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 24 maggio 2025


Nihil sub sole novum

 

 

Niente di nuovo sotto il sole (ma in latino fa più effetto): le speranze si sono presto spente. Nelle prime esternazioni del nuovo Papa, malgrado l’entusiasmo suscitato da alcune affermazioni, appare una perfetta continuità con il pontificato precedente e, in generale, con la linea postconciliare della teologia e del Magistero. In realtà l’intuito – troppo spesso negletto a favore del ragionamento – si era già espresso, in chi scrive, subito dopo l’Habemus papam e, precisamente, con questi pensieri: «Ti adoro nei Tuoi imperscrutabili disegni di sapienza infinita; forse è la volta buona che smetto di confidare negli uomini e comincio a confidare unicamente in Te». Nondimeno durante la Messa, rimandata a tarda sera per via dell’elezione, l’impressione che il cuore stesse per scoppiare lo ha costretto a fermarsi alcuni istanti per chiedere di esser preservato, non ritenendosi pronto.

Troppe concordanze

Nella prima omelia di Leone XIV, il giorno seguente, la citazione del paragrafo 22 della Gaudium et spes e quell’invece di troppo, come osservato negli ultimi articoli, han fatto suonare i campanelli d’allarme, cosa che potrebbe esser presa per un sintomo di paranoia se l’allarme non fosse stato – ahimè – pienamente confermato dal seguito. Il famigerato testo conciliare afferma testualmente che «con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo». Abbiamo già riflettuto, due anni fa, sugli effetti devastanti di quell’affermazione ambigua e sulla sua possibile connessione con uno dei peccati più sordidi; ora dobbiamo sottolinearne il nesso con l’idea, ormai divenuta di dominio pubblico, che siamo tutti figli di Dio, come ribadito nell’ultimo messaggio Urbi et orbi del defunto papa Francesco, messaggio a cui il successore si è riferito ben due volte, nel saluto dalla loggia e nell’omelia della Messa di inaugurazione.

Tale insistenza in due occasioni così rilevanti (la primissima presentazione al mondo e il discorso programmatico del pontificato) non può essere casuale, tant’è vero che, parlando agli acattolici la mattina del 19 Maggio, Leone ha inequivocabilmente ribadito la continuità con l’ideologia della fraternità universale proposta dal «Papa della Fratelli tutti» (Discorso ai rappresentanti di altre Chiese ecc.), enciclica cui allude anche nella chiusura dell’omelia di inizio-pontificato. L’enfasi posta sui grandi passi e sugli sforzi compiuti da Bergoglio a favore del dialogo interreligioso culmina nella citazione esplicita dell’eretico documento di Abu Dhabi, citazione che allarga al rapporto con le false religioni quanto appena affermato riguardo all’ecumenismo e alla sinodalità, impegni che Prevost dichiara di voler proseguire. Non poteva poi mancare, a coronamento del tutto, l’evocazione dell’intramontabile Nostra aetate in riferimento a giudei e maomettani.

Lo spirito di fraternità umana risulta inscindibile dalla libertà di coscienza, di pensiero e di parola. Il termine uguaglianza non compare, ma è implicito nella sostanza del discorso: l’unità e la pace si fondano sull’idea che siamo tutti sullo stesso piano in quanto, a prescindere dalla religione, siamo «figli suoi e fratelli e sorelle tra di noi» (Discorso ai rappresentanti, in fine); di conseguenza, non dobbiamo fare altro che conoscerci, rispettarci e… dialogare! Ma chi l’avrebbe detto? Dopo appena sessant’anni che ce incurcheno ’ste cose (per citare la buon’anima di un parroco romano), com’è possibile che ancora non l’abbiamo capito? Bisogna insistere con i princìpi della libera muratoria, piuttosto che con quella propaganda religiosa, congiunta alla sopraffazione e ai mezzi del potere, con cui si tenta di catturare gli altri (Omelia della Messa di inaugurazione).

Ricadute sulla Chiesa e sul Papato

In tale contesto, la missione di Pietro non è quella di «essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri», bensì quella di essere un «fratello che vuole farsi servo», la cui unica autorità è la carità. Secondo un metodo consolidato, i dati della dottrina cattolica sono presentati in termini caricaturali a vantaggio di una visione egualitaristica che dissolve i fondamenti stessi della Chiesa: il potere sacro (la suprema potestas) conferito da Cristo all’Apostolo scelto come roccia si riduce a un amare di più, privo di quei connotati giuridici e disciplinari che sono intrinsecamente connessi ad ogni autorità perché sia tale. La carità non è l’autorità stessa, ma la condizione a cui essa deve essere rettamente esercitata nella Chiesa. È vero che la pietra d’angolo è Cristo e che tutti i battezzati sono pietre vive (cf. At 4, 11; 1 Pt 2, 5), ma il nuovo nome ricevuto da Simone indica che proprio lui – e lui soltanto – rappresenta in pienezza Cristo Capo.

Qui, in definitiva, è in gioco il fine della Redenzione operata dal Figlio di Dio e la ragion d’essere della Chiesa quale Suo Corpo Mistico. Se gli uomini non devono fare altro che «ascoltare la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia» e se «questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà»… che bisogno c’era della Croce? a che servono i Sacramenti? perché stare nella Chiesa Cattolica? a quale scopo studiare il catechismo e osservare la legge morale, pregare e mortificarsi? Visto che, a quanto pare, tutte le dottrine e gli insegnamenti si equivalgono e che i cattolici non si distinguono sostanzialmente dagli altri, che ci sta a fare il Papa?

Egli serve, evidentemente, a riaffermare e consolidare la rivoluzione iniziata nel 1962, come risulta in modo inequivocabile da questo passaggio del discorso rivolto da Leone XIV ai cardinali il 10 Maggio scorso: «Vorrei che insieme, oggi, rinnovassimo la nostra piena adesione […] alla via che ormai da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II. Papa Francesco ne ha richiamato e attualizzato magistralmente i contenuti nell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium» (i corsivi sono nostri). Qui, in più, si dichiara solennemente che il pontificato bergogliano, ben lungi dal dover essere sconfessato, è la piena, anzi magistrale attuazione dell’ultimo concilio. Un ritorno alla normalità può esser percepito – come scrive un confratello – unicamente da coloro che si sentono «normalmente cattolici in una Chiesa in cui la normalità cattolica è cosa sconosciuta alle nostre generazioni».

Tiriamo le somme

Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, ma perfetta continuità con l’apostasia silenziosa iniziata negli anni Sessanta; è la solita minestra riscaldata, ma rimessa in tavola in un piatto diverso. Siamo stufi di queste chiacchiere melense, ma terribilmente corrosive di ciò che ci identifica e costituisce come cattolici! Non parliamo nemmeno del tanto banale quanto logoro «no alla guerra e alla pace» (Discorso ai rappresentanti), che ci fa ripiombare in pieni anni Settanta! Ma dove siamo? a un concerto dei figli dei fiori? E queste sarebbero novità? Per favore, c’è qualcuno che sappia rendere un po’ di dignità al Papato e di serietà al Magistero? Si faccia avanti e spieghi all’interessato chi è il Sommo Pontefice e quali sono i suoi compiti!

Purtroppo aumentano gli indizi che l’elezione sia stata pianificata. Lo stile dell’ultimo messaggio Urbi et orbi di Francesco sembra proprio quello del successore, che vi ha fatto riferimento ben due volte; il richiamo alla famiglia fondata sull’unione stabile tra un uomo e una donna, nel discorso rivolto al corpo diplomatico, suona come un tributo al presidente Trump, che pare abbia giocato un ruolo nella scelta; le velate scuse riguardo a Gaza, porte col termine malintesi usato nel parlare agli ebrei, come pure il gradimento espresso dal rabbino di Roma, fan pensare che a comandare siano proprio loro… manco a farlo apposta, la decorazione floreale del sagrato di San Pietro, Domenica scorsa, richiamava il candelabro della festa della dedicazione del tempio.

Evidentemente non abbiamo pregato abbastanza né raccolto la lezione che il Signore ha voluto darci col pontificato precedente: il primato della necessità di santificarci anziché perderci in discussioni sulle reti sociali, dando retta agli esagitati che vi sbraitavano per spingerci alla separazione e alla disobbedienza. Non dimentichiamo però che Dio può tutto con chi è ben disposto e che la grazia di stato porta frutto col tempo. Il nostro amato Benedetto, malgrado il suo retroterra teologico tedesco, da papa si trasformò profondamente sul piano intellettuale e spirituale, soprattutto nei dieci anni di isolamento. Chissà che anche Leone, col concorso delle nostre suppliche, non riesca a superare la visione finora espressa (che gli è valsa il consenso dei progressisti) e a maturare gli elementi positivi, come la sensibilità religiosa e la devozione mariana, che sembrano genuine.


sabato 17 maggio 2025


Viva la Chiesa sinodale!

 

 

Il pontificato appena conclusosi è servito, per alcuni, a radicarli nella fede e a consolidare il loro attaccamento alla Chiesa visibile; per altri, a trasformarli in infallibili censori e inappellabili giudici di chiunque nella Chiesa eserciti un ministero, fino al vertice. Per quanto l’evoluzione impressa dal Vaticano II alla compagine terrena della Sposa di Cristo abbia modificato il suo aspetto visibile e indebolito il Magistero ordinario, costringendoci a rimanere vigilanti nei confronti di esso, che deve piuttosto confermarci senza ombre né ambiguità, non siamo da ciò autorizzati a capovolgere l’ordine stabilito dal Fondatore, come invece sembrano fare molti nell’attuale congiuntura storica. Pare anzi che certuni, proprio in ragione di una presunta cattolicità, si sentano investiti del supremo compito di emettere sentenze, a favore o a sfavore, sul nuovo papa Leone XIV.

Tutti per la sinodalità di fatto

Certi siti gestiti da ex-vaticanisti sono diventati una sorta di speaker’s corner dove chiunque voglia può prender la parola e pontificare su qualsiasi argomento ma, di preferenza, sul Vicario di Cristo. Si direbbe che gusti, desideri e opinioni di chi scrive fossero criteri di valutazione assolutamente certi, a prescindere dalle sue competenze; teologi e canonisti possono finalmente gustarsi il meritato riposo, visto che c’è chi li sostituisce egregiamente. Così tutti, volenti o nolenti, si ritrovano a far parte di quella chiesa sinodale auspicata dagli uni, esecrata dagli altri: tutti a discutere con la pretesa di aver voce in capitolo, senza accorgersi di esser probabilmente manovrati da poteri occulti che non hanno a cuore il bene delle anime, ma si servono degli autocostituitisi censori per aumentare la confusione e acuire lo smarrimento di quanti ancora credono (o pensano di credere).

Non soltanto l’ordine ecclesiale appare gravemente compromesso, infatti, ma è in pericolo anche la natura stessa della fede, la quale è assenso dell’intelletto alla verità insegnata da quanti sono insigniti del mandato apostolico; se questi ultimi non contano più nulla nel sentire dei cristiani, la fede si trasforma in un’ideologia che si frantuma in innumerevoli varianti, come nel mondo protestante. È proprio a questo fenomeno che, purtroppo, stiamo assistendo, nonostante esso sia giustificato con una fiera protesta di cattolicità. Tale paradosso è il frutto più velenoso del pontificato bergogliano, a prescindere dalla sua legittimità; le accese controversie che lo riguardano non sono servite se non a dividere e demolire, come confermato dal fatto che uno dei più accesi (e sospetti) sostenitori della sua nullità si smentisce ora platealmente affermando la validità del successore.

Nella ridda di pareri e giudizi basati su conclusioni affrettate, tratte già all’indomani dell’elezione, teniamo a ribadire la necessità di attenerci ai fatti oggettivi. Non c’è dubbio che i discorsi e il modo di presentarsi di Leone XIV siano rassicuranti; tuttavia quanti desiderano evitare di rimanere di nuovo bruciati dopo l’entusiasmo iniziale rimangono prudentemente a guardare in attesa delle prime decisioni pratiche, dalle quali soltanto si potrà dedurre la direzione che il nuovo Papa intende seguire. Del resto, noi ci aspettiamo la salvezza da Gesù Cristo, non da chi Lo rappresenta sulla terra, pur senza nulla togliere all’importanza del secondo; altrimenti ricadiamo nella papolatria rinfacciata ai progressisti nello scorso pontificato. Qualunque cosa il Papa faccia o non faccia, nessuno potrà mai toglierci il Signore, presente, realmente, nell’Eucaristia e, spiritualmente, nell’anima in stato di grazia.

Enigmi irrisolti o indizi eloquenti?

Ora, a prescindere dagli orientamenti dell’associazione e della rete televisiva che hanno attaccato l’allora cardinal Prevost, rimane il fatto che due sacerdoti della diocesi da lui guidata in Perù, accusati di un grave crimine, non siano stati adeguatamente indagati. Non ci è dato sapere se ciò sia dovuto a una deliberata volontà di copertura o, semplicemente, all’impossibilità di intervenire efficacemente in casi del genere, impossibilità causata sia dall’indebolimento dell’autorità dei vescovi in generale, effetto delle “riforme” postconciliari, sia dall’estrema pericolosità di ogni tentativo di colpire la rete, così potente e ramificata, di ecclesiastici corrotti che si proteggono a vicenda. Si fa presto, sulla tastiera, ad accusare di codardia chi rischia non tanto la rimozione, quanto il carcere e la damnatio memoriae a causa di una calunnia attinente allo stesso ambito.

Non essendo in grado di trarre conclusioni in un senso o nell’altro, sospendiamo perciò il giudizio in attesa – lo ripetiamo – di vedere i fatti, senza pregiudiziali di sorta. Non abbiamo, analogamente, la possibilità di verificare certe ipotesi circa un’eventuale pianificazione dell’elezione, circostanza che alcuni elementi sembrano comunque suggerire. Significa sicuramente qualcosa che il Presidente della prima superpotenza mondiale – cosa inaudita e inammissibile – abbia diffuso l’immagine di sé in tenuta pontificia; è come dire: «Il papa lo faccio (cioè lo scelgo) io»; guarda caso, è americano. Fatto altresì singolare, l’anticipazione del nome (come quella ascritta, sul Foglio, ad un’intelligenza bizantina, vale a dire i servizi segreti turchi?), come pure l’attacco sferrato a Prevost, alla vigilia dell’inizio del conclave, da una testata cattolica filosionista.

Vien da pensare che in certi ambienti si fosse già al corrente dell’esito e che si sia cercato, da una parte, di favorirlo, dall’altra, di ostacolarlo. Preso atto della soddisfazione espressa dal rabbino-capo di Roma (casomai fosse necessaria alla legittimazione del Romano Pontefice), è difficile rimuovere l’idea che gli usurai aschenazisti ci abbiano ficcato il proverbiale naso. La cosa non ci interesserebbe tanto, se la prima omelia di Leone XIV, subito dopo la citazione del passaggio tendenzialmente panteistico della Gaudium et spes, non affermasse testualmente che Gesù ci ha «mostrato un modello di umanità santa che tutti possiamo imitare, insieme alla promessa di un destino eterno che invece supera ogni nostro limite e capacità» (Omelia della Messa con i Cardinali nella Cappella Sistina, 9 Maggio 2025; il corsivo è nostro).

Dato che le parole hanno un peso e un significato, l’avverbio avversativo qui adoperato vuole dire che, mentre il Paradiso è al di là delle possibilità dell’uomo, l’imitazione di Cristo è alla sua portata, senza alcun bisogno – a quanto pare – della grazia santificante. Si potrebbe ipotizzare che tale svista fosse frutto di mera imprecisione (del resto usuale nella confusa “teologia” postconciliare), ma che capiti a un dottore in diritto canonico che a ventidue anni si è laureato in matematica appare piuttosto improbabile, posta l’importanza del discorso e della circostanza. Se Cristo è dunque imitabile da tutti, con o senza Battesimo, ebrei, musulmani, buddisti e quant’altro sono esattamente sul nostro stesso piano, ciò che, volendo, si può evincere dai paragrafi 13 e 16 della Lumen gentium nonché dalla dichiarazione Nostra aetate. Altro che sconfessione del documento di Abu Dhabi…

Conclusione provvisoria

In conclusione, pur non intendendo aggiungerci alla lista di coloro che sentenziano, non riusciamo a placare l’inquietudine provata fin dalla sera dell’8 Maggio scorso: la sensazione è che la rivoluzione stia procedendo indisturbata, benché in modo più fine, discreto e garbato. Dopo lo sfondamento delle linee, è giunto il tempo di consolidare la posizione? Cionondimeno, raccomandiamo ancora intense preghiere per Leone XIV, ben sapendo per fede che Dio può trarre ciò che vuole da chiunque sia permeabile alla grazia. Se poi l’agonia dovesse proseguire (come fan pensare le voci sulle nuove nomine), ogni buon cattolico troverà sempre luce e conforto davanti al tabernacolo, il cui divino Prigioniero sarà sempre con chi Lo ama sinceramente e persevera nel Suo servizio costi quel che costi. Nessuno al mondo può allontanarci da Gesù né privarci della Sua grazia, se noi non vogliamo e non la perdiamo per colpa nostra.

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? […] nessuna creatura ci potrà mai separare dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore (cf. Rm 8, 35.39).


sabato 10 maggio 2025


Preghiamo per Leone XIV

 

 

Non è facile esprimere un parere riguardo all’elezione dell’uomo più importante al mondo, dotato di un potere non puramente umano, ma divino, non limitato a un popolo, ma universale. L’operato di ogni persona, inoltre, va osservato attentamente prima che si possa emettere un giudizio su di esso, a maggior ragione se si tratta del Vicario di Cristo. Non siamo di quelli che apprezzano qualcuno nella misura in cui corrisponde ai loro gusti o condivide le stesse idee, né di quelli che si riferiscono al Papa come a un qualunque leader politico; ci sforziamo piuttosto di comprendere se un ministro di Dio parla e agisce in modo conforme a ciò che è soprannaturalmente diventato per intervento del Cielo. Non intendiamo neppure fare l’errore di valutare il Successore di Pietro in rapporto a chi l’ha preceduto, anziché a Gesù Cristo.

Il nostro sguardo deve essere il più possibile oggettivo e tener conto dei fatti, piuttosto che di facili congetture o di fantasiosi collegamenti riguardo al nome e allo stemma. L’americano Robert Francis Prevost, eletto nel pomeriggio di Giovedì 8 Maggio, al quarto scrutinio, non era popolarmente noto prima che Bergoglio lo chiamasse a Roma a dirigere il dicastero che si occupa della scelta dei vescovi; con meno di due anni da cardinale è inopinatamente assurto al Soglio. Che abbia indossato le insegne pontificie e parlato di Cristo è qualcosa di assolutamente normale, salvo forse per chi, nei dodici anni di papato “francescano”, per un paradossale capovolgimento della realtà si è abituato al contrario della normalità oppure non ricorda che il modo in cui si presentò l’uomo venuto dalla fine del mondo fu un’eccezione, la quale non può esser già diventata la regola.

Luci e ombre

Religioso agostiniano di vasta cultura, missionario in Perù, per due mandati generale dell’Ordine, poi vescovo di Chiclayo dal 2014, nel Gennaio del 2023 Prevost è chiamato a Roma a succedere al cardinal Ouellet, ricevendo la berretta rossa nel Settembre successivo; il 6 Febbraio 2025, pochi giorni prima del ricovero, Bergoglio lo eleva ulteriormente conferendogli la titolarità della diocesi suburbicaria di Albano, quasi a voler designare il successore. La circostanza scabrosa di questa fulminea carriera – ahimè – sono due scandali di abusi su minori, scoppiati poco tempo prima, a carico di sacerdoti della sua diocesi che, come al solito, sono rimasti impuniti. Il successore di Prevost a Chiclayo (suo amico e scelto da lui) ha insabbiato tutto, mentre il monsignore che ha patrocinato le vittime è stato perseguitato con estrema severità, fino alla riduzione allo stato laicale.

Questi fatti non lasciano intravedere spiragli di risoluzione dei numerosi casi di abusi ad opera di membri del clero. La rete di complicità e connivenze sembra riuscita ad imporre un candidato che non turbi il sonno dei pedofili in clergyman, a cominciare da quelli incistatisi nella Curia Romana. Le battaglie legali continuano a scontrarsi con un impenetrabile muro di omertà; neppure la diretta interpellanza pubblica del predecessore riguardo ai casi più dolorosi (come quelli di Rupnik e del Preseminario San Pio X) ha potuto smuovere qualcosa, a parte la condanna in extremis, seguita a stretto giro, di un indifendibile pesce piccolo. La sensazione – che speriamo presto smentita dai fatti – è che si sia voluto il mantenimento dello statu quo di immoralità e corruzione: questo è il vero problema della gerarchia, che si trascina da decenni.

Gli orientamenti ideologici dei prelati, su cui si appunta l’attenzione di tutti, non sono affatto la questione decisiva: come osservato negli ultimi pontificati, essi cambiano come gira il vento. Nel 2012 era obbligatorio dichiararsi contrari alla teoria del gender, così come lo è stato raccomandare l’atto d’amore nel 2021. Adesso, per addomesticare i tradizionalisti, ci vuol poco a farsi fotografare in paramenti antichi (peraltro con la croce pettorale nascosta), ma l’indegno trattamento riservato a monsignor Strickland non va dimenticato. A livello psicologico è ben comprensibile, dopo questi anni di tensione, il bisogno di veder tutto rosa, sminuendo o togliendo dal campo visivo gli elementi dissonanti; questo non è però uno sguardo obiettivo, bensì un’espressione della maniera emotiva, tipicamente postmoderna, di porsi nei confronti del reale.

Parole e fatti

La nostra società si lascia incantare dai discorsi, che sono certamente importanti, ma devono esser confermati dai fatti. Per questo bisogna attendere pazientemente e osservare diligentemente azioni e comportamenti. L’allocuzione preparata per la benedizione Urbi et orbi, ad ogni modo, denota una chiara continuità col pontificato precedente, di cui riprende molte parole-chiave, con una particolare enfasi sul tutti, sui ponti e sul camminare. L’iniziale augurio di pace, facendo pensare all’intenzione di riconciliare la Chiesa terrena così frammentata, dà conforto, purché non diventi un’arma con cui giustiziare come nemico della pace chi non accettasse eventuali innovazioni. Anche l’insistenza sulla carità e sulla missione potrebbe risolversi in uno strumento di condanna di quanti non fossero abbastanza inclusivi e accoglienti.

Questa inquietudine, nonostante la sottolineatura della centralità e necessità di Cristo, ribadita nella prima omelia, è piuttosto acuita dal riferimento al paragrafo 22 della Gaudium et spes, uno dei più ambigui testi del Vaticano II, ampiamente sfruttato dai progressisti per supporre un’anonima presenza di Cristo in ogni cultura, in ogni religione e in ogni persona. L’idea che «in Lui Dio, per rendersi vicino e accessibile agli uomini, si è rivelato a noi negli occhi fiduciosi di un bambino, nella mente vivace di un giovane, nei lineamenti maturi di un uomo» sembra ignorare la distinzione tra rivelazione naturale e soprannaturale e aprire al panteismo. Qual è davvero, allora, «il patrimonio che da duemila anni la Chiesa, attraverso la successione apostolica, custodisce, approfondisce e trasmette»? Sono decenni che i termini della tradizione cattolica sono usati con un diverso significato.

Noi siamo vaccinati – in questo caso, sì – rispetto a quelle apparenze rassicuranti che celano una realtà opposta. Dobbiamo renderci conto che buona parte dell’attuale gerarchia non ragiona più col principio di non-contraddizione, in quanto la sua formazione intellettuale l’ha ormai assuefatta alla conciliazione dell’inconciliabile. Il pensiero di Bergoglio era impregnato di gnosi e di cabala giudaica; Prevost ha studiato con un pioniere del dialogo ebraico-cristiano. Il nome da lui scelto fa pensare, come acutamente osservato da una lettrice, a frate Leone, il più intimo amico e stretto collaboratore di san Francesco, ma più colto e smaliziato di lui; tale accostamento induce a pensare a un progetto ben architettato da tempo per continuare le “riforme” incantando però gli avversari e rendendoli inoffensivi con uno stile da popolare serie televisiva.

Consegna immutata

Abbiamo intensamente pregato perché il Signore donasse alla Chiesa un papa degno. Ora che ci ha dato un papa, continuiamo a pregare perché sia un buon papa, a prescindere dalle premesse. Il cattolico sa bene che la grazia richiede la cooperazione degli uomini e che la Provvidenza include nei propri disegni anche le loro suppliche. L’ufficio di Sommo Pontefice comporta una grazia di stato unica, che può profondamente trasformare l’uomo che lo detiene; chiediamo al Signore di togliere dal cuore di Leone XIV gli eventuali impedimenti. Possiamo ancora avere il Papa di cui la Chiesa ha bisogno anziché quello che ci meritiamo, purché non smettiamo di implorare il Cielo con viva fede e con l’umiltà di chi riconosce di non poter nulla da sé, ma tutto con l’aiuto dell’Onnipotente, al quale ognuno di noi, a cominciare dal Suo Vicario, un giorno dovrà rendere conto.


martedì 6 maggio 2025


RACCOMANDAZIONI

AL NUOVO PAPA



Anziché perderci in inutili dibattiti, cerchiamo di capire cosa vuole il Signore da Leone XIV.



Pro eligendo Romano Pontifice

 

 

Se mi amate, osservate i miei comandamenti (Gv 14, 15).

Le parole che il Signore Gesù rivolse agli Apostoli durante l’Ultima Cena ci fanno da guida nella preghiera per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. La vita della Chiesa è la carità: amare il Signore; amare il Signore, però, significa osservare i Suoi comandamenti, ossia compiere la Sua volontà, volere ciò che vuole Lui. Questa è la condizione per cui noi possiamo essere guidati dallo Spirito Santo. Durante quel discorso Gesù promise l’invio del Paraclito, del Consolatore, di Colui che avrebbe aiutato gli Apostoli a ricordare tutti i Suoi insegnamenti e tutte le Sue azioni, per poi predicare nel Suo nome la conversione e la vita nuova.

Ora, lo Spirito Santo può operare in noi se il nostro cuore è puro e retto; per questo dobbiamo chiedere anzitutto questa grazia per il Conclave sta per iniziare: che i Cardinali siano animati da un’intenzione pura e retta nello scegliere il Successore di Pietro. Il Signore dichiarò agli Apostoli che non Lo avrebbero più visto fisicamente; Egli continua tuttavia ad operare nella Chiesa, non solo mediante lo Spirito Santo, in modo invisibile, ma anche in modo visibile, tramite il Suo Vicario, colui che Lo rappresenta tra di noi. È perciò assolutamente indispensabile che la scelta sia guidata dai suggerimenti dello Spirito Santo e che i Cardinali, sui quali incombe questa responsabilità, siano docili alle Sue ispirazioni.

Ciò che il nuovo Papa dovrà fare – fra gli altri compiti – sarà ripristinare l’ordine, la legalità e la giustizia all’interno della Chiesa. Se amare il Signore consiste nell’osservare i Suoi comandamenti, evidentemente non è possibile servirlo senza ordine, senza legalità e senza giustizia: sarebbe una contraddizione. Si può dire a parole che Lo si ama e Lo si serve, ma se i fatti smentiscono le parole, quelle parole sono vuote, non hanno alcun valore. Ci sono diversi ambiti in cui è assolutamente indispensabile che siano ripristinati l’ordine, la legalità e la giustizia, in modo tale che sia la carità a regolare i rapporti tra i membri della Chiesa, soprattutto tra i membri della gerarchia.

Gli ambiti in cui sembra esserci più urgenza sono quelli del culto divino e del clero. Sappiamo bene che non è lecito limitare la celebrazione della Santa Messa secondo il Messale restaurato da san Pio V, che abbiamo festeggiato in questi giorni, in quanto egli prepose a quel Messale una costituzione apostolica nella quale affermava che da quel momento in poi, per sempre, ogni sacerdote cattolico avrebbe potuto usarlo liberamente, senza alcuna restrizione. Perciò un ambito in cui auspichiamo che sia ripristinata la legalità e la giustizia è anzitutto quello della Messa, poiché è quello più vitale: la Messa è il Sacrificio di Cristo, ciò che fa vivere la Chiesa; è quindi assolutamente indispensabile che la sua celebrazione secondo la forma ricevuta dall’antichità sia di nuovo liberalizzata ovunque.

Abbiamo poi diverse questioni brucianti che riguardano il clero. Non si può rimuovere un vescovo senza processo e senza notificargli la causa per cui è rimosso, così come non si può rimuovere un parroco soltanto perché non si è fatto una puntura. Per rimuovere un vescovo o un parroco ci vuole un processo che accerti che ci sia una causa grave, proporzionata ad una sanzione così seria. Ci auguriamo perciò che il nuovo Papa renda giustizia a tutti quei vescovi e sacerdoti che sono stati trattati ingiustamente e hanno dovuto lasciare il proprio posto senza una ragione adeguata.

Viceversa, è successo che sacerdoti che si sono macchiati di un delitto gravissimo, l’abuso di minori, sono stati graziati come se non avessero fatto niente e non hanno scontato la pena che avrebbero dovuto scontare. Rimane certamente la pena del Purgatorio – quella non la può togliere nessuno – ma è giusto che chi ha commesso un delitto grave sia punito anche sulla terra, sia per non dare scandalo ai fedeli, sia perché ciò sia un deterrente a crimini così odiosi. Anche in questo campo ci auguriamo che sia ripristinata la giustizia e che i colpevoli siano giustamente puniti.

Dobbiamo poi pensare a tutte quelle situazioni che colpiscono anche i fedeli, a quei casi di disgustoso clericalismo per il quale, soltanto per l’arbitrio del sacerdote che celebra, si nega la comunione sulla lingua ai fedeli che sono in stato di grazia e hanno le dovute disposizioni. Anche questo è un abuso grave, poiché la legge della Chiesa stabilisce che la comunione sulla lingua è la forma ordinaria, mentre la comunione sulla mano è una concessione. Ribaltare la situazione è un atto assolutamente inammissibile; bisogna quindi che tutti i fedeli che sono stati ingiustamente feriti in modo così profondo mediante l’esclusione dalla comunione ottengano giustizia e che chi nella Chiesa esercita il ministero sacro si attenga alle norme che la Chiesa stessa ha stabilito, non al proprio capriccio.

Invochiamo san Pio V perché tutte queste intenzioni – e tante altre – siano portate davanti al trono di Dio e il Signore si muova a pietà di noi, chini lo sguardo sulla Sua Sposa che è sulla terra e le conceda un Pastore secondo il Suo cuore.



Invochiamo

il Patrocinio di san Giuseppe

 

 

«Gesù stava iniziando i trent’anni ed era ritenuto figlio di Giuseppe» (Lc 3, 23). La solennità del Patrocinio di san Giuseppe celebra la Sua eccelsa dignità in rapporto alla Chiesa. Egli, in qualità di sposo verginale della Madre di Dio e di padre putativo del Verbo incarnato, fu incaricato di custodire e sostentare, come afferma san Bernardino da Siena, i due principali tesori dell’eterno Padre; Egli continua oggi a svolgere questo compito estendendolo al Corpo Mistico, del quale Cristo è il Capo e Maria, al contempo, la Madre, il membro più nobile e la realizzazione perfetta.

Il conclave che eleggerà il nuovo papa è provvidenzialmente cominciato nel giorno in cui quest’anno, secondo il calendario liturgico di san Pio X, cade questa festa; perciò, dopo aver offerto la novena al Patrono della Chiesa universale, lo affidiamo proprio a Lui, certi che la Sua potentissima intercessione otterrà alla Sposa di Cristo un degno Pastore. Quest’ultimo dovrà affrontare sfide molto ardue, prima fra tutte quella di restituire al Magistero pontificio l’autorità, la dignità e la chiarezza che sono proprie di esso. Non solo i cattolici, ma tutti gli uomini hanno il diritto di trovare nelle parole del Papa una guida sicura e un giudizio inappellabile su qualunque questione di dottrina e di morale.

Tale attività di insegnamento e di governo non può e non deve basarsi sulle preferenze soggettive né sull’orientamento culturale dell’uomo che riveste il munus petrinum, bensì accordarsi con il pensiero e la prassi comuni a tutti i suoi predecessori, in una continuità che, pur ammettendo uno sviluppo omogeneo, escluda qualsiasi contraddizione. Dopo sessant’anni di incertezze e ondeggiamenti, di cui dodici di totale sconquasso dottrinale e operativo, è assolutamente indispensabile che Pietro torni a fungere da roccia stabile, inamovibile, capace di resistere a qualunque pressione, interna o esterna. Questo è ciò che legittimamente ci aspettiamo e chiediamo con fervore a san Giuseppe.

Il Papa, in altre parole, deve spogliarsi di ogni disposizione individuale e assumere quelle che sono intrinsecamente connesse alla sua missione, a cominciare da quelle intellettuali. Il pensiero del Vicario di Cristo non può essere altro che il pensiero di Cristo stesso, il pensiero cattolico, il quale non ha bisogno di aggiornamenti, ma solo di ulteriori applicazioni, perfettamente coerenti con i suoi princìpi, alle nuove questioni che possono sorgere, senza ambiguità né concessioni allo spirito del mondo, che è lo spirito di Satana. Le immutabili verità della fede e della morale cattolica non vanno ripensate né rivisitate per renderle accessibili alla mentalità moderna, bensì presentate con una modalità, ispirata dalla carità, che sappia raggiungere gli uomini di oggi.

Chiunque coltivi una coscienza retta accoglie con semplicità e gratitudine, aiutato dalle interiori mozioni dello Spirito Santo, ciò che la Chiesa proclama da sempre nella sua cristallina chiarezza e attraente luminosità. Soltanto chi respinge la verità e non cerca l’autentico bene trova pretesti per rifiutare la sua predicazione o per accogliere deviazioni dottrinali. Anche tanti sedicenti cattolici, purtroppo, sono nel numero dei miscredenti, confermati da cattivi Pastori che hanno tradito la loro missione cedendo allo spirito del tempo e difendendone gli errori. A tutti costoro non possiamo non rivolgere un accorato appello: se volete evitare l’Inferno, convertitevi una buona volta alla verità di Cristo, trasmessaci nella Scrittura e nella Tradizione!

Risulta evidente, a questo punto, che chi ha un pensiero veramente cattolico non potrà mai trovarsi in reale contrasto col Papa, se anche quest’ultimo pensa, parla e agisce da quello che è; chi invece si sente in disaccordo ha l’obbligo morale di rivedere le proprie posizioni e di conformarle al sacro Magistero. Ne consegue che il nuovo Papa dovrà epurare la gerarchia da tutti quei membri che sono pervicacemente nell’errore e nella disobbedienza, nonché dagli immorali, dagli increduli, dai viziosi e dai sodomiti, distruggendone le illecite consorterie e sventandone le occulte macchinazioni. Tale formidabile compito richiederà notevole avvedutezza ed energia, ma anche tutto il nostro sostegno nella preghiera, come pure l’appoggio e il conforto umano.

Rivolgiamoci dunque con viva fede a san Giuseppe, perché ottenga ai Cardinali e a colui che sarà eletto l’assistenza dello Spirito Santo, il quale, sulle rive del Giordano, discese visibilmente su Gesù, all’inizio della Sua missione (cf. Lc 3, 22), per poi essere da Lui donato, il giorno di Pentecoste, a tutta la Chiesa. San Giuseppe, che sulla terra nutrì per tutti noi il Pane del cielo, che dona la vita eterna, ci conceda ora un Vicario di Lui che, con l’aiuto della grazia di stato, sia all’altezza del proprio compito. Non si deve dubitare – ci assicura ancora san Bernardino da Siena – che Cristo non abbia negato in cielo, anzi abbia portato a perfezione la familiarità, la riverenza e l’altissima dignità che, come un figlio a suo padre, manifestò al Carpentiere di Nazareth durante la vita terrena. «Ricordati dunque di noi, o beato Giuseppe, e intercedi con l’appoggio della tua preghiera presso il tuo Figlio putativo, ma rendici propizia anche la beatissima Vergine, tua Sposa, la quale è Madre di Colui che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna per gli infiniti secoli dei secoli. Amen» (Sermo I de sancto Ioseph).



Chiediamo a san Giuseppe un papa conforme al mistero della Chiesa

 

 

«Da dove ha costui questa sapienza e il potere dei miracoli? Non è costui il figlio del carpentiere? […] Ed erano scandalizzati riguardo a lui» (Mt 13, 54-55.57). La reazione degli abitanti di Nazareth di fronte ai miracoli e all’insegnamento di Gesù è un’attestazione sia dell’autorità paterna che san Giuseppe esercitò su di Lui, sia dell’infinita eccedenza della Sua identità divina rispetto alla condizione assunta davanti agli uomini. Il Figlio di Dio volle fruire della funzione di un padre e apprenderne la professione, fino ad essere identificato in rapporto al falegname del villaggio; al tempo stesso manifestò la propria potenza soprannaturale per suscitare la fede nel Salvatore.

Questo paradosso si prolunga nella Chiesa, Corpo Mistico di Cristo: essa è composta di uomini e guidata da uomini, consta di strutture terrene e opera con i mezzi di questo mondo; al tempo stesso porta in sé il mistero della Santissima Trinità, che si comunica agli uomini mediante la grazia che la Chiesa dispensa per farli rinascere quali figli di Dio per partecipazione, rendendoli così capaci della vita eterna. Come nella persona di Gesù le due nature sono inseparabili, così lo sono i due aspetti della Chiesa, che sono entrambi necessari e si richiamano a vicenda.

Ora, all’immutabilità di Dio, della Sua parola e della Sua volontà corrisponde l’immutabilità del culto, dell’insegnamento e delle fondamentali strutture di governo della Chiesa. Chi non riconosce questo non ha la fede, ma è dominato da un’ideologia che considera la Chiesa alla stregua di una qualunque organizzazione mondana. Chi auspica l’elezione di un papa che realizzi cambiamenti radicali non è cattolico e, pertanto, non è membro della Chiesa; per questo ha l’obbligo morale o di convertirsi o di andarsene, soprattutto se riveste responsabilità elevate.

San Giuseppe protesse ed educò il Redentore nella Sua umanità, per mezzo della quale Egli avrebbe realizzato, ai fini della nostra salvezza, il sacrificio di Se stesso. Oggi il Carpentiere di Nazareth, Patrono della Chiesa universale, esercita la stessa funzione nei confronti di quella porzione del Corpo Mistico che vive sulla terra, la quale, se da una parte deve incarnare il Vangelo nella realtà presente e nelle diverse culture, dall’altra non deve dimenticare la trascendenza della propria origine e della propria destinazione. Il nuovo Papa dovrà rimettere in evidenza – con i fatti ancor prima che con le parole – che la Chiesa non è un’associazione umanitaria, bensì il Corpo di Cristo.

La Chiesa è la società perfetta che ha Gesù Cristo per Capo invisibile, il quale agisce tra noi e per noi mediante il Suo Vicario, chiamato a servire la Sua Sposa, non a spadroneggiare su di essa; egli ha il compito di conservare e trasmettere inalterato il deposito ricevuto, non quello di inventare nuove dottrine o nuove strutture. La Chiesa è per sua stessa natura gerarchica, poiché solo questo garantisce la fedele trasmissione della verità rivelata e la sicura comunicazione della grazia; essa non può e non potrà mai essere un’assemblea “democratica” in cui tutto possa essere ridiscusso e ridefinito. Chi si estenua nel renderla qualcosa di simile ha già fallito ed è spiritualmente morto.

Quanti, scandalizzandosi di ciò che la Chiesa è per volontà del Fondatore, vorrebbero trasformarla in qualcos’altro si condannano da sé, in questa vita, a un’amara frustrazione e, nell’altra, alla rovina eterna. Essi non fanno ogni cosa nel nome del Signore, come raccomanda san Paolo, né sono legati a noi dal vincolo della carità, che ci unisce in un solo corpo (cf. Col 3, 14-15.17); di conseguenza non hanno pace, ma «sono come il mare agitato, che non può calmarsi e le cui acque vomitano melma e fango» (Is 57, 20). Il vero cristiano non può non commiserarli, ma al contempo se ne dissocia vigorosamente e li redarguisce con veemenza.

Che san Giuseppe ci comunichi la serena fortezza e la giusta fierezza di chi, pur nella sua debolezza, si sforza sinceramente di seguire il Figlio di  Dio con l’aiuto della Sua grazia, nella certezza che la Sapienza renderà ai giusti la ricompensa delle loro fatiche, dopo averli guidati per una mirabile via (cf. Sap 10, 17). Che la Sapienza medesima ci conceda di operare sempre di cuore per il Signore e non per gli uomini (cf. Col 3, 23), così da testimoniargli un amore incondizionato e disinteressato che attiri altre anime a Lui nell’unità di quel Corpo che è la Chiesa, in attesa di godere con loro della Sua gloria per tutta l’eternità.


sabato 3 maggio 2025


Conclave insidiato

 

 

Odisti omnes qui operantur iniquitatem, perdes omnes qui loquuntur mendacium (Sal 5, 6-7).

«Detesti tutti coloro che operano l’ingiustizia, farai perire tutti coloro che proferiscono menzogna». Il conclave che inizierà il 7 Maggio prossimo per l’elezione del Successore di Pietro si preannuncia non solo molto combattuto tra opposte correnti, ma anche minato da subdole manovre con le quali, a quanto pare, si sta tentando di comprometterne la legittimità. Qualora fosse eletto un candidato non gradito, infatti, i progressisti potrebbero appigliarsi a qualche pretesto per dichiarare nulla l’elezione e pretendere la convocazione di un nuovo conclave. Un’eventualità del genere provocherebbe uno scisma, cioè la peggiore sciagura che la Chiesa possa temere.

Occorre preliminarmente osservare che i temporanei gestori della Santa Sede non meritano alcuna fiducia, vista l’assoluta mancanza di credibilità della comunicazione riguardante l’ultima degenza di Bergoglio e le settimane successive alla sua dimissione dall’ospedale. Non son stati capaci neppure di fornire un’indicazione univoca circa l’ora del suo decesso, avvenuto probabilmente parecchio tempo prima dell’ora dichiarata; la modalità della dichiarazione della sede vacante, poi, è stata a dir poco imbarazzante per un’istituzione millenaria che, in questo tipo di procedure, deve dar prova di inappuntabile serietà e competenza.

Il Vaticano – è ormai chiaro da anni, purtroppo – è in mano a bande di affaristi e pervertiti senza scrupoli che si contendono denaro e potere ma sono a loro volta ricattati, a causa dei loro vizi, da un potere occulto che li manovra in base ai propri fini. Il pontificato dell’uomo prescelto per realizzare tali scopi non ha prodotto, in fin dei conti, i risultati sperati: a parte le macerie morali e dottrinali lasciate in tante anime e un paio di suore illegalmente piazzate in posti di rilievo, non ci sono stati i cambiamenti strutturali auspicati dalla fazione rivoluzionaria (per esempio, l’abolizione del celibato sacerdotale o l’accesso delle donne all’Ordine sacro).

Il caso Becciu

I traditori infiltratisi nella Chiesa devono perciò giocarsi il tutto per tutto, poiché un pontificato più conservatore potrebbe definitivamente affossare i loro progetti. Così si spiega il prolungamento del cammino sinodale, decretato con un papa in bilico tra la vita e la morte, ma che il nuovo pontefice potrà depennare in un attimo; così si capisce pure la storiella delle lettere con cui il malato avrebbe escluso dal conclave un porporato al quale, tuttavia, non ha mai ritirato con atto formale la dignità cardinalizia. Qualunque giudizio si debba portare sui trascorsi di quest’ultimo nella Segreteria di Stato, egli merita comunque un monumento per la spontanea rinuncia ad essere fra gli elettori.

A parte la ridicola pretesa di far comandare un papa defunto, infatti, l’insidia per la legittimità del conclave era davvero pericolosa, ma Becciu ha rotto il giocattolo in mano ai cospiratori. In caso di elezione di persona non grata, se quest’ultimo avesse partecipato si sarebbero appellati al mancato rispetto della volontà del predecessore; se non avesse partecipato, avrebbero contestato l’immotivata assenza di un avente diritto. In un caso come nell’altro, avrebbero avuto un pretesto per dichiarare nulla la votazione ed esigere una nuova elezione, col conseguente rischio di provocare uno scisma come quello d’Occidente, che fece morire di dolore santa Caterina da Siena.

Tale rischio non è tuttavia completamente scongiurato: a Becciu si potrebbe comunque rinfacciare, a papa fatto, di aver rinunciato senza essere impedito, come lo sono invece i due cardinali che saranno assenti per motivi di salute. Un timore del genere non pare infondato, vista la spregiudicatezza con cui lo hanno usato come capro espiatorio accusandolo dinanzi al capo (il quale, narcisista manipolatore qual era, si faceva a sua volta facilmente manipolare) e dichiarandolo reo nel processo-farsa sulla gestione del disastroso affare di Londra. La principale accusatrice di Becciu, dietro le quinte, è una torbida figura di lobbista italo-marocchina inserita da Bergoglio nella commissione di riforma delle finanze vaticane (!), poi espulsa e condannata per divulgazione di documenti riservati…

Il caso Viganò

Non cessa di addolorare la condotta di un vescovo scomunicato che dà segni di aver perso il senno e i cui interventi son regolarmente rilanciati da quello che un tempo era un bravo giornalista cattolico ma, a forza di dar credito a quello, sembra a sua volta obnubilato. Un esperto di diritto canonico che per tutta la vita ha lavorato per la Santa Sede dovrebbe sapere perfettamente di non avere la facoltà di stabilire se un papa è legittimo o no; tale compito spetta in via esclusiva al collegio cardinalizio. Egli non ha pertanto la minima autorità per dichiarare Bergoglio usurpatore del Soglio; tutto il suo ragionamento, di conseguenza, cade miseramente nel nulla.

Di fatto, almeno materialmente, colui che si diede il nome di Francesco ha detenuto ed esercitato per dodici anni la suprema potestas, tant’è vero che tutti gli hanno obbedito e ogni sua decisione è stata puntualmente eseguita. Anche la creazione di cardinali è valida; qualora egli non fosse davvero stato papa, essa sarebbe comunque stata implicitamente ratificata da Benedetto XVI, il quale, finché fu in vita, li accolse tutti nella sua residenza. Eventuali irregolarità procedurali, poi, vengono sanate dall’universale accettazione dell’eletto, a meno che non siano immediatamente contestate durante il conclave stesso, non a cose fatte, come avvenne per Urbano VI.

Il sovrannumero, se costituisce un problema, va segnalato adesso, nelle congregazioni preparatorie, prima che inizino le votazioni. Con quale criterio, però, si dovrebbero escludere tredici cardinali? Vogliamo istruire processi per eresia durante la sede vacante? oppure li bruciamo in Campo de’ Fiori senza dibattimento? Certo, ci sarebbe un bel da fare e ci vorrebbe un mucchio di legna… metodo più rapido, direttamente in Tiberim, a cominciare dai tedeschi. Chi è realista, tuttavia, comprende che l’importante è permettere alla Chiesa di riprendere il prima possibile la sua vita normale, non accampare motivi fantasiosi per impedirglielo.

La vera urgenza

Alla fine vien da domandarsi: a chi giovano queste sparate? Alla Sposa di Cristo o ai suoi nemici? Che vantaggio c’è a farsi strumentalizzare da loro per accrescere l’incertezza e perpetuare questa situazione di instabilità? Nel nome di Dio, smettetela di picconare le istituzioni fondamentali della Chiesa con l’intenzione di difenderla! Questa è l’ora in cui è imperativo ricucire gli strappi e riunire i dispersi, non quella di fomentare ulteriori divisioni insinuando il sospetto che il conclave non sia valido. Se ci sarà uno scisma, la responsabilità dovrà ricadere interamente sui traditori, non su quelli che hanno a cuore il trionfo del bene e la diffusione del Regno di Dio.

Anziché perdere tempo a leggere e divulgare sciocchezze, mettetevi a pregare intensamente perché la Provvidenza ci conceda un buon papa, senza comunque illudervi che possa ripristinare la legalità con un colpo di bacchetta magica. Ci vorranno una grande sapienza e molta energia per ripulire la Curia Romana dal marciume; ci vorranno decenni perché la Chiesa militante si risani a cascata, a partire dal vertice, di grado in grado. Lasciate perdere le “profezie” fantastiche e rimanete coi piedi per terra, se non volete mettere a repentaglio la vostra fede con altre delusioni. Usate la ragione e non l’immaginazione eccitata dalla rabbia repressa.

Non è religioso vedere tutto nero e predire solo ineluttabili catastrofi: è un peccato contro la fede e la speranza, ossia uno dei peccati più gravi. Il vero cristiano coopera con la Provvidenza mediante la preghiera e il sacrificio, piuttosto che profondersi in piagnistei sui mali presenti, considerati senza sguardo soprannaturale. Ci sono sedicenti cattolici che si istigano a vicenda al pessimismo, quasi godessero a trovare ragioni per deprimersi; è un disturbo psicologico serio. Noi non siamo di quelli e, di conseguenza, ci spelliamo le ginocchia davanti al Santissimo con il rosario in mano, certi che l’Onnipotente ascolta sempre chi Lo invoca con fede sincera, sicura speranza e carità fattiva.