Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 6 dicembre 2025


Per la Chiesa

con Maria Corredentrice

 

«Nella tenda santa, al suo cospetto, ho prestato servizio; così mi sono stabilita in Sion» (Sir 24, 14-15 Vulg.). Nella festa della Presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria, la Chiesa ricorda un avvenimento della Sua primissima infanzia: secondo le tradizioni più antiche, all’età di tre anni Ella fu portata al Tempio di Gerusalemme dai genitori, Gioacchino e Anna, e affidata alle cure di Hillel, il massimo maestro dell’epoca, e della vedova Anna, che aveva il compito di educare le bambine che sarebbero state addette alla confezione dei tessuti utilizzati per la preparazione dei paramenti sacri.

La Vergine fu così educata in modo estremamente accurato sia nella conoscenza delle Scritture che nell’arte della tessitura, tanto che sarà Lei a comporre, come un ordito, quei racconti dell’infanzia di Gesù, Suo Figlio, che san Luca inserirà poi nel suo Vangelo. Il Magnificat è un esempio straordinario di composizione orale, in cui riecheggiano decine di testi dell’Antico Testamento intrecciati tra loro in modo tale da esprimere il sensus plenior, testi che presagivano o preannunciavano esplicitamente l’avvento del Messia.

Immaginiamo lo stupore che colmò il cuore di Hillel nel momento in cui, per la prima volta, vide quella Bambina così piccola ma dallo sguardo così puro e profondo: uno sguardo che nessun’altra creatura ha mai avuto, di una purezza inconcepibile e di una profondità abissale, poiché era quello dell’Immacolata Piena di grazia, capace – già a quell’età – di una contemplazione di livello altissimo, anche se non ancora in grado, forse, di esprimersi in termini adeguati. La Sua anima era certamente immersa nella visione di Dio; perciò quel che il Signore stava operando in essa, elevata ad un grado di grazia inimmaginabile, si rifletteva nei Suoi occhi.

Hillel, rimasto interdetto e quasi paralizzato per lo stupore, si rese conto, in quell’istante, di avere di fronte a sé la creatura destinata da tutta l’eternità ad essere Madre del Messia, del Figlio di Dio. Le parole che, nel libro dell’Ecclesiastico, si riferiscono in prima istanza alla Sapienza divina sono applicate dalla Liturgia, fin da tempi antichissimi, pure alla Vergine, secondo un’interpretazione comune anche all’Oriente cristiano e, quindi, originaria. Come ha potuto la Chiesa applicare a Lei ciò che è scritto del Verbo divino? Maria si è perfettamente identificata con Lui, aderendo a Lui nel più profondo del cuore fin dall’alba della Sua esistenza e lasciandosi plasmare, anche intellettualmente, dalla Parola divina.

«Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 11, 28): queste parole si applicano alla Vergine in modo perfetto, dato che nessuno, più di Lei, ha ascoltato la Parola di Dio, al punto di meritare di accoglierla fisicamente in Sé, donandole un corpo umano con quel sangue che sarà poi sparso sulla Croce in espiazione dei peccati di tutti gli uomini. È anche per questo che La chiamiamo Corredentrice: Maria ha fornito la carne e il sangue che sarebbero stati materia del Sacrificio redentore. Poi si è associata a quel Sacrificio in modo unico, in qualità di Madre della Vittima, partecipando con tutto il proprio essere e unendosi all’intenzione del Sacrificio nel modo più perfetto possibile, quello proprio dell’Immacolata e della Piena di grazia.

Maria era stata istruita fin dai primissimi anni della Sua esistenza terrena in quelle verità che si sarebbero poi realizzate nella Passione del Figlio; perciò si unì consapevolmente al Sacrificio redentore offrendo il frutto del suo grembo (Lc 1, 42) e Sé medesima inseparabilmente congiunta a Lui – e lo fece nel momento stesso in cui il Sacrificio si stava compiendo. Anche la Chiesa offre il Sacrificio del Figlio unendosi ad esso, ma lo fa in un secondo tempo, allo scopo di applicare alle anime gli effetti di quel Sacrificio, mentre la Madonna lo fece proprio nella circostanza in cui le grazie che avrebbe poi dispensato venivano acquisite.

Contempliamo dunque anche noi, con gli occhi del cuore, la Bambina purissima che si offre a Dio nel Tempio di Gerusalemme perché la Sua volontà si realizzi in Lei, dando come può, a quell’età, la propria completa disponibilità ai piani del Cielo. Contempliamola in quel momento fondamentale che contiene virtualmente tutto il seguito; riconosciamo in tal modo il ruolo unico da Lei svolto nell’opera di salvezza, così da poterla glorificare adeguatamente, per quanto ci è consentito dalla misura delle nostre forze. Rendiamole tutto l’onore di cui siamo capaci, riparando così a tutti i tentativi di sminuirne il posto e la dignità e a tutte le offese che riceve da quanti La odiano perché dediti all’impurità e alla perversione.

Sì, contempliamo l’Immacolata al Tempio; lasciamoci rapire, come Hillel, dalla Sua bellezza soprannaturale e, con Lei, diamo al Signore la nostra disponibilità a cooperare ai disegni della Redenzione, ognuno al suo posto, là dove Dio lo ha chiamato e nello stato in cui è collocato, in modo tale che, anche attraverso di noi, la Mediatrice di tutte le grazie le riversi sulla Chiesa in vista della sua rinnovazione.


sabato 29 novembre 2025


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Test di arguzia

1) Quale evento ha spinto di più i cattolici a riscoprire la Tradizione?

□ Il Concilio Vaticano II   □ Gli incontri di Assisi   □ La Pachamama

2) Che cosa conserva di più il ricordo del Concilio Vaticano II?

□ Il Magistero pontificio   □ La Fraternità San Pio X     □ La teologia ufficiale

3) Che cosa ha contribuito di più a riaccendere il dibattito sulla Corredenzione?

□ Le discussioni tra esperti     □ La petizione popolare    □ La Nota Mater populi fidelis

4) Chi o che cosa ha favorito di più la diffusione della Messa tradizionale?

□ Papa Francesco                □ Il Covid-19                  □ Il M.P. Traditionis custodes

 

Risposte

1) Il Concilio Vaticano II.

2) La Fraternità Sacerdotale San Pio X.

3) La Nota dottrinale Mater populi fidelis.

4) Tutti e tre.

 

Analisi

1) La prima risposta può esser fraintesa. Non è il Vaticano II, di per sé stesso, che ha spinto i cattolici a riscoprire la Tradizione, poiché la teologia postconciliare ne ha fornito un’idea distorta, censurato le fonti e selezionato i contenuti in funzione di una visione del cristianesimo, del tutto inedita, che non ha riscontro in alcuna epoca storica. Esso non lo ha fatto nemmeno suscitando una reazione di mero rifiuto, dato che quest’ultima ha tenuto artificialmente in essere quella soffocante situazione di stagnazione che già si percepiva chiaramente negli anni Quaranta: «Il cristianesimo […] è minacciato da una specie di silenziosa apostasia provocata dall’indifferenza che lo circonda e dalla sua propria distrazione» (Emmanuel Mounier, Agonia del cristianesimo? [1946], in Cristianità nella Storia, 1979, 30). Pur non essendo affatto favorevoli all’autore citato, “cattolico di sinistra” ante litteram, non possiamo non apprezzare la sua acuta percezione della realtà.

Dietro gli orpelli del trionfalismo esteriore e la facciata di un ossequio ipocrita e interessato, in molti ambienti l’indifferenza era palpabile già allora, così come la distrazione dalla vera essenza della vita cristiana, spesso – anche se non sempre e dappertutto – ridotta a sapere intellettualistico e a pratica volontaristica. Una roccia resa così porosa era ben permeabile all’infiltrazione del neomodernismo, il quale, ancor prima di essere riabilitato da Roncalli e Montini, aveva attaccato il corpo malaticcio come un virus insidioso: già sotto Pio XII, nel 1953, era stata modificata la disciplina eucaristica col pretesto delle mutate condizioni, mentre la “riforma” della Settimana Santa, nel 1955, aveva rifatto radicalmente riti antichissimi, accompagnata dall’abolizione di feste, ottave e vigilie. Le premesse del successivo intervento di Giovanni XXIII erano ormai poste; la serie di frequenti modifiche in materia liturgica, in un clima di disaffezione e stanchezza (specie nel clero), preparò l’accettazione dell’ulteriore riforma del 1965 e, infine, del completo stravolgimento del 1969.

In che senso, allora, l’ultimo concilio ha spinto i cattolici a riscoprire la Tradizione? Nel senso che, non senza speciali grazie loro concesse dalla Corredentrice, ha obbligato quelli che non l’hanno persa ad attaccarsi alla fede trasmessa, a cercarne le fonti genuine e a riflettere sui suoi fondamenti con la mente sgombra dalle deformazioni, rigettate a causa degli abusi che hanno prodotto. La Provvidenza permette ogni male per trarne un bene maggiore; il Signore non abbandona la Sua Sposa e sa bene come guidare le anime che Gli rimangono fedeli. Coloro che si separano dalla Chiesa pensando di poter così conservare la fede, invece, perdono la grazia e, di conseguenza, sono esposti senza difese a tentazioni sottili che, a lungo andare, deformano la fede stessa in senso contrario a quello che si intendeva correggere.

2) Il cattolico medio sa a malapena che qualche decennio fa (per i giovani equivale all’era glaciale) c’è stato il Concilio per antonomasia; egli ne ignora però i contenuti, se non l’idea – falsa – secondo cui avrebbe voluto la Messa in italiano e gli altari rivolti al popolo. Solo il Magistero e i professori delle facoltà teologiche citano ancora il Vaticano II ma, grazie a Dio, il loro raggio di influenza è sempre più ristretto: una beata e pressoché totale ignoranza religiosa dilaga pure fra coloro che, più o meno regolarmente, vanno ancora a Messa, ma le cui fila si sono drammaticamente assottigliate a causa delle catastrofiche scelte pastorali adottate all’epoca della pandemia. Ciò che mantiene vivo il ricordo di quell’infausto evento è soprattutto la propaganda della Fraternità San Pio X, la quale non fa certo onore al Papa di cui ha preso il nome: se non fosse per quella, quasi nessuno penserebbe più al Concilio; al massimo, esso è una semplice bandiera di circoli asfittici di gente attempata.

3) Qui non c’è bisogno di delucidazioni. La Corredenzione mariana, prima del Vaticano II, era dottrina comune. Poi, nel clima di fanatico riduzionismo mariologico imposto dai “teologi”, essa è stata artatamente rimossa dall’insegnamento ufficiale, pur venendo chiaramente ripresa e illustrata da Giovanni Paolo II. Tuttavia, specie in ambito anglosassone, si è svolto un vivace dibattito che ha portato, tra il 1997 e il 2008, alla pubblicazione di due petizioni che han raccolto milioni di adesioni tra i fedeli, centinaia tra i vescovi e decine tra i cardinali; ciononostante, esse sembrano cadute nel vuoto. Quello che, per una felicissima eterogenesi dei fini, ha riportato la Corredenzione al centro dell’attenzione mediatica ed ecclesiale è proprio la Nota dottrinale Mater populi fidelis: malgrado il suo intento opposto, essa ha dimostrato che il sentire del popolo fedele va in senso contrario e che, se gli si tocca la Mamma, reagisce con adeguata determinazione.

4) È ben arduo, infine, stabilire da cosa è stata favorita di più la diffusione della Messa apostolica. L’arbitrarietà e la cattiveria caratteristiche dei provvedimenti del pontefice defunto, in generale, han suscitato una spontanea simpatia per l’ambiente tradizionale, la cui persecuzione è apparsa quanto mai irragionevole e immotivata. Le misure adottate col pretesto della falsa emergenza sanitaria, poi, hanno spinto tanti fedeli desiderosi di ricever la Comunione in modo degno a riversarsi nelle chiese in cui si celebra la Messa tridentina, che han potuto così scoprire e apprezzare. Il Traditionis custodes, infine, ha rappresentato una vera e propria molla che ha spinto cattolici e non a interessarsi di una realtà incomprensibilmente proscritta, ma incredibilmente bella e feconda, dove bambini, giovani e famiglie non vengono adescati con improbabili “effetti speciali” da avanspettacolo, bensì conquistati dal decoro e dalla dignità di un rito che parla a tutto l’essere.

In conclusione, c’è da aspettarsi che anche la sistematica omissione del Filioque da parte di Prevost inneschi nuovo interesse e conduca ad ulteriori approfondimenti del dogma definito dal Concilio di Firenze: lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio come da un unico principio (DS 1300-1302). Nel frattempo, riparate a questo grave affronto alla fede cattolica rileggendo l’enciclica Mortalium animos di Pio XI e recitando spesso il Credo niceno-costantinopolitano completo. Non ci interessa affatto un’unità apparente, conseguita a prezzo della verità; per noi l’eresia non è legittima differenza né lo scisma comunione parziale. Se la dottrina che assicura la salvezza si riduce a mero enunciato verbale usato per celare le contraddizioni, vuol dire che la fede è una finzione, il Magistero un fatto di marketing e la Chiesa un carrozzone carico di anime morte, manipolate da gerarchi che ne sfruttano l’apparato esterno per ragioni di potere e prestigio. Lasciamoli andare per la loro strada e rimaniamo fieramente cattolici, a casa nostra, in attesa che il Signore butti fuori gli intrusi.


Credo niceno-costantinopolitano:

https://www.preghiamo.org/credo-niceno-costantinopolitano.php


Enciclica Mortalium animos (1928):

https://www.vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19280106_mortalium-animos.html


Da incorniciare:

https://www.aldomariavalli.it/2025/11/26/in-unitate-fidei-ovvero-lunita-al-prezzo-della-verita/amp/


Su tema connesso:

https://lascuredielia.blogspot.com/2025/11/quale-tradizione-il-dramma-del.html


sabato 22 novembre 2025


Onore alle madri cattoliche!

 

Con grande ammirazione rilanciamo questo testo, che da qualche giorno circola nelle reti sociali e che sottoscriviamo in toto per la chiarezza e la perentorietà. Imitate questa madre coraggiosa e gridate la verità dappertutto. Diffondete queste parole nel più largo raggio possibile, cominciando dai vostri sacerdoti. È ora che i cattolici reagiscano attivamente, anziché isolarsi in ghetti in cui sentirsi protetti.

Non sono teologa, né sacerdote, né un’autorità del Vaticano. Sono solo una laica, una catechista che ha lavorato nella Chiesa e una madre che si impegna ogni giorno a crescere sua figlia nella verità del Vangelo, insegnandole la sacralità dei Sacramenti e la bellezza della fede autentica. Eppure, davanti alla notizia che padre James Martin ha amministrato la Confermazione al giornalista Gio Benitez, apertamente omosessuale, accompagnato da suo “marito” come padrino, e che entrambi hanno ricevuto la Santa Comunione, non riesco a restare in silenzio.

Sono rimasta sconvolta, non tanto per l’episodio in sé, ma per ciò che rappresenta: un segno drammatico di quanto la battaglia spirituale sia ormai penetrata nel cuore stesso della Chiesa. Abbiamo sempre saputo che il demonio odia la Chiesa, ma ciò che oggi si manifesta è più sottile e pericoloso: una confusione mascherata da misericordia, un relativismo travestito da accoglienza, una nuova forma di “pastorale” che, invece di condurre le anime alla conversione, le conferma nel peccato.

Il Vangelo è chiaro: Gesù ha accolto tutti, ma non ha mai benedetto il peccato. Ha detto alla donna adultera: «Va’ e non peccare più» (Gv 8, 11). L’amore di Cristo è inseparabile dalla verità e, ogni volta che si tenta di dividerli, si tradisce il Vangelo stesso. È terribile vedere come, oggi, alcuni ministri del Signore si pieghino alle logiche del mondo, dimenticando che l’Eucaristia non è un gesto simbolico di inclusione, ma il Corpo vivo di Cristo, che si riceve in stato di grazia, con cuore contrito e desideroso di conversione.

Come catechista, ho insegnato ai bambini e ai giovani che i Sacramenti non sono “diritti umani”, ma doni divini; non appartengono a noi, ma a Dio. Vederli manipolati, banalizzati o adattati a ideologie contrarie alla fede provoca una ferita profonda nel cuore di chi ancora crede nella santità della Chiesa.

Non possiamo continuare a fingere che tutto vada bene. Quando ciò che è contrario al Vangelo viene presentato come atto d’amore, il male non ha più bisogno di distruggere la Chiesa dall’esterno: lo fa dall’interno, con la complicità del silenzio.

Il profeta Isaia ammonisce: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene» (Is 5,20). Eppure, oggi sembra che proprio questo si stia compiendo sotto i nostri occhi, in nome di una falsa misericordia che non salva, ma inganna.

Mi chiedo, come madre e come educatrice nella fede: che cosa insegneremo alle prossime generazioni? Che il peccato non esiste più? Che si può ricevere la Comunione senza confessarsi, senza pentimento, senza conversione? Che la verità si piega al sentimento e la dottrina al desiderio individuale?

No, non posso tacere: non per superbia, ma per amore della Verità; perché, quando tacciono i pastori, è dovere delle pecore gridare. Chi ama la Chiesa non può restare indifferente davanti alla sua ferita.

Ogni giorno invoco san Michele Arcangelo, principe delle milizie celesti, chiedendogli di combattere i demoni che oggi si travestono da angeli di luce e confondono misericordia con permissivismo, accoglienza con complicità, carità con relativismo. La Chiesa non appartiene al mondo: appartiene a Cristo – e Cristo non cambia. Il suo Vangelo non ha bisogno di essere aggiornato, ma di essere vissuto, amato, difeso, anche a costo di essere derisi, emarginati o perseguitati.

La vera carità nasce dalla verità e la vera misericordia conduce alla conversione. È tempo che noi, fedeli laici, smettiamo di avere paura di dire ciò che è giusto. È tempo di risvegliare le coscienze, di ricordare che la santità non è negoziabile e che, ogni volta che un sacramento viene profanato, Cristo stesso viene ferito nel Suo Corpo Mistico.

La battaglia è reale. È spirituale. È già in corso.

Mentre il mondo applaude, io mi inginocchio e prego:

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; sii nostro aiuto contro la malizia e le insidie del demonio. Che Dio gli comandi, te ne preghiamo supplici, e Tu, o Principe della milizia celeste, con la potenza che Ti viene da Dio, ricaccia nell’Inferno Satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano nel mondo per perdere le anime. Amen.


sabato 15 novembre 2025


Quale Tradizione?

 

Il dramma del tradizionalismo è che considera la Tradizione una cosa morta, un deposito inerte da passare semplicemente di mano in mano, mentre essa è cosa viva, che cresce e si sviluppa. Ciò non va indubbiamente inteso come una mutazione, bensì come uno sviluppo omogeneo, analogo a quello degli organismi viventi, i quali, pur modificando l’aspetto visibile, conservano la propria identità. L’insieme di dottrine, norme e istituzioni che costituiscono la Tradizione cattolica e che Gesù Cristo ha consegnato agli Apostoli perché lo trasmettessero inalterato alle generazioni future non è dunque un cadavere, ma un corpo vivente di cui la Chiesa, nel corso del tempo, esplicita progressivamente le virtualità già presenti fin dall’inizio, benché allo stato embrionale.

Voluta rottura della continuità

Tutto ciò vale tanto per il dogma quanto per le strutture e le leggi ecclesiastiche. Pur mantenendo inalterato il proprio “patrimonio genetico”, la Chiesa ha assimilato il pensiero greco, indispensabile alla definizione delle verità rivelate, il diritto romano, necessario alla sua strutturazione, nonché quelle usanze germaniche che le permisero di organizzarsi nelle nuove condizioni determinatesi con la caduta dell’Impero. La scoperta di nuovi continenti la spinse a elaborare metodi missionari adatti, mentre il sorgere degli Stati nazionali plasmava le innumerevoli sfaccettature del suo volto esterno, pur senza frantumarne l’unità né scuoterne la coesione, a parte gli effetti deleteri di quel deprecabile fenomeno, ad essa del tutto estraneo, che sono i diversi nazionalismi.

Prima del Vaticano II, a prescindere sia dal neomodernismo serpeggiante sia dalle frequentazioni massoniche di chi lo convocò, era senz’altro necessario far entrare un po’ d’aria fresca, come quegli rispose a chi lo interrogava sul fine che si era proposto nell’indire un concilio. Il clima, all’interno della Chiesa terrena, era diventato insopportabilmente stagnante, mentre la fede, dietro la facciata di certo trionfalismo, pativa diffusamente una crisi senza precedenti nel clero e nei fedeli. Il problema è che quanti presero il controllo dell’assise non aprirono la finestra all’aria pura del cielo ma a quella mefitica del mondo, che invase tutto come un uragano e, col pretesto dell’aggiornamento, sovvertì ogni cosa, modificando sistematicamente ogni elemento della vita ecclesiale.

Per spiegare come ciò sia stato possibile, non va ignorato il ruolo della neoscolastica decadente con la sua visione assolutistica del Papato e la concezione giuridicistica della dottrina, del culto e della morale: qualunque cosa fosse stata decisa dal vertice andava supinamente accettata per obbedienza cieca. Fu così che la Tradizione ridotta a cadavere fu sepolta e le fu sostituita una nozione che, in opposizione ai princìpi dello sviluppo organico, ne consentisse una sorta di manipolazione genetica. Un ruolo determinante, in tale trasformazione, doveva giocare il culto liturgico, visto il suo legame essenziale con il dogma, la morale e la vita spirituale; perciò l’intero rito romano fu radicalmente stravolto in ogni sua parte, a cominciare dalla Messa.

Curare il male con la sua causa?

Ora, un male non si cura con ciò che l’ha causato: riprodurre meccanicamente il giuridicismo degli anni Cinquanta con una pedissequa esecuzione di usi e rubriche non è la soluzione. La cosiddetta riforma liturgica, aprendo la stagione delle incessanti innovazioni e sperimentazioni selvagge, ha sicuramente ridotto il culto (che per essenza è una realtà stabile, immune dai cambiamenti culturali) a pratica estemporanea, aleatoria e caduca con cui rincorrere i mutevoli gusti del tempo e soddisfare emotivamente assemblee annoiate e capricciose. Tuttavia non si risolve il problema con un muro-contro-muro, sbattendo la faccia di gente completamente disabituata contro la parete granitica di un rito di cui non comprende più né i gesti né le parole: ci vuole qualcosa di più.

Se la liturgia, prima del Vaticano II, soffriva – come la fede – di una crisi che portò ad accogliere le novità con ingannevole sollievo, neanche la crisi attuale (cominciata allora ma inasprita all’estremo da risposte sbagliate) potrà esser superata con un culto eseguito in fretta, per abitudine, senza cuore né afflato spirituale. Non si tratta di forzare le prescrizioni del Messale con iniziative individuali di sapore soggettivo e contingente, ma di applicarle con intima partecipazione e profonda intelligenza delle loro ragioni. Senza nulla togliere all’utilità di una formazione liturgica adeguata ai fedeli, è il rito stesso che deve parlare tramite l’atteggiamento di tutti i ministri, comunicando un vivo senso della presenza divina e suscitando moti di adorazione, pentimento, supplica e offerta di sé.

Soluzioni che aggravano il problema

Non c’è dubbio: la contraffazione del culto ha contraffatto la Chiesa e la vita cristiana; per innescare il processo inverso, però, non basta criticare i testi dell’ultimo concilio né coltivare piccoli ghetti in cui appagarsi di belle cerimonie e dotte omelie. Ci sono cattolici che sembrano ansiosi unicamente di soddisfare il proprio io e a cui pare importare ben poco della Chiesa e delle anime. Un’istruzione religiosa che non incentivi l’amore di Dio e del prossimo non fa dei cristiani, bensì dei fanatici. La vita spirituale non consiste in polemiche o disquisizioni, ma nella cura di un cuore ardente che, ben lungi dal rinchiudersi in un recinto esclusivo, ne accenda altri e li attiri a Cristo, non inculcando loro una morta ideologia, bensì risvegliando in essi la sete della trascendenza.

C’è un modo di fare dottrina che si direbbe studiato apposta per giustificare decisioni discutibili e posizioni insostenibili. La fede non è una teoria, ancor meno una teoria che ignori la realtà: ci sono gruppi che, di fatto, sono separati dalla Chiesa e funzionano in maniera del tutto indipendente. Per legittimare tale situazione, non serve accanirsi contro la collegialità (ulteriormente degenerata nella sinodalità) come principio dissolutivo della compagine ecclesiale, dato che quella stessa situazione contribuisce alla sua dissoluzione. Per reagire all’indifferentismo dilagante, non serve condannare le dottrine dell’ecumenismo e della libertà religiosa, se con un apostolato canonicamente irregolare si avvalorano nei fatti i princìpi protestantici di un’attività religiosa sganciata da ogni autorità.

È senz’altro lamentevole che il Papa riesumi la Nostra aetate (di cui il cattolico medio non sa nulla) per insinuare l’uguaglianza di tutte le religioni; che però, con l’intento di criticarla, la tenga in vita proprio chi difende la Tradizione è un non-senso. Non intendiamo certo negare gli effetti disastrosi di quel documento, scritto col concorso di rabbini ebrei, bensì osservare che quel problema non si cura demolendo il Magistero con il rifiuto di un testo al quale, indebitamente, si riconosce un valore magisteriale, ma mostrando che, in realtà, la dichiarazione non è una delle forme del Magistero ecclesiastico. Alla Nostra aetate mancano i requisiti del Magistero autentico; essa, pertanto, non obbliga minimamente la coscienza dei cattolici. Perciò, malgrado i tentativi di risuscitarla, è meglio lasciarla sepolta nell’oblio e ribadire quanto afferma il Catechismo Maggiore di san Pio X sulle false religioni (§§ 224 ss).

Maria Corredentrice, Mediatrice di tutte le grazie, ci ottenga di rimanere fedeli sia a Cristo, di Lei Figlio, che alla Chiesa, di Lui Sposa.


sabato 8 novembre 2025


Gloria a Maria Corredentrice!

 

La Santa Sede – ormai lo sappiamo bene – è occupata da una cricca di ecclesiastici empi e immorali che, a causa dei loro vizi, vengono manovrati da poteri occulti che usano l’autorità della Chiesa per distruggerla dall’interno. La nostra fede non deve tuttavia rimanerne scossa, poiché questa sarebbe la più splendida vittoria del diavolo. È certamente motivo di profondo dolore che la nostra Madre celeste sia offesa proprio da coloro che, in virtù dell’ufficio, dovrebbero onorarla e farla onorare; se però consideriamo ogni fatto alla luce della Provvidenza, che permette il male per trarne del bene, la prospettiva si modifica e ne riceviamo profonda consolazione.

Effetto contrario

Il turpe personaggio indebitamente collocato nel ruolo di custode della dottrina continua a vomitare – né potrebbe esser diversamente – ciò di cui è ricolma la sua povera anima in via di perdizione. L’esperto di baci ed erotismo, non pago di aver autorizzato impossibili “benedizioni” di concubini e sodomiti, ha poi imposto un insieme di norme di discernimento che non servono a discernere nulla ma promuovono abusi e incertezze circa presunti fenomeni soprannaturali. Adesso osa attaccare la dottrina mariana quale si è esplicitata in due millenni di Magistero, teologia e insegnamento di Santi e Dottori. La sua sfrontata tracotanza è peggiore persino dell’avversione dei demoni, costretti a sottomettersi alla signoria della Santissima Vergine.

Questo attacco, nondimeno, sta ottenendo benefici effetti: non soltanto quello di far reagire il corpo ecclesiale, come già la vergognosa dichiarazione Fiducia supplicans, ma anche quello di provocare un rinnovato interesse, a livello accademico e popolare, per quella verità di fede, ormai ampiamente riconosciuta, che è la Corredenzione di Maria. Non è ora il momento di soffermarsi sulle molteplici ragioni di tale dottrina; ci limitiamo invece a riportare l’acuta osservazione di un sacerdote secondo cui l’infelice nota vaticana costituisce un provvidenziale incentivo alla sua definizione dogmatica, visto che un evento del genere si rende di solito necessario quando un dato della Rivelazione viene contestato oppure ha bisogno di esser chiarito una volta per tutte.

Il trionfo di Maria

L’impiego dell’infallibilità pontificia in ambito mariologico, negli ultimi due secoli, ha innescato enormi progressi sia nella teologia che nella pastorale e nella vita dei fedeli. Che la dottrina della Corredenzione sia sancita come dogma, a nostro parere, è essenziale al trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Non sappiamo quando ciò avverrà ma, a tal fine, è sicuramente necessario un papa che sia consapevole del mandato ricevuto e lo attui come si deve; quello attuale sembra limitarsi a portare avanti la linea stabilita in precedenza assecondando l’agire di coloro che lo circondano. Il Sommo Pontefice non può approvare un testo che contraddice il Magistero di numerosi suoi predecessori e tradisce palesemente un intento preordinato, citando in modo tendenzioso solo le fonti che tornano utili e omettendo quelle che smentiscono la tesi prestabilita.

D’altra parte la nota, come già la dichiarazione, non è una delle forme del Magistero autentico e, di conseguenza, è priva di ogni vigore obbligante per la coscienza. Quando un dicastero della Santa Sede vuol dare indicazioni in materia di dottrina, morale o diritto canonico, emette un’istruzione, ossia un testo che ha valore di legge. In questo caso possiamo invece tranquillamente ignorare quel papocchio illeggibile non soltanto per la lunghezza, ma soprattutto per l’argomentare confuso e non convincente, nel quale si smarrisce perfino un esperto in materia; il cumulo di dati e citazioni pare più adatto a un procedimento mistificatorio che a un’esposizione imparziale e serena. Si direbbe che gli autori stessi volessero evitare di impegnare l’autorità del Magistero contando unicamente sull’eco mediatica, ampia e immediata ma destinata a spegnersi dopo poco tempo.

«Colui che abita nei cieli li irride e il Signore se ne fa beffe» (Sal 2, 4); tu non curartene affatto, ma «lascia che il mormoratore muoia fuori con la sua bestemmia» (san Gregorio Nazianzeno, Orationes, 45, 23: PG 36, 24). Noi abbiamo un posto privilegiato che nessuno al mondo potrà toglierci: sotto la Croce con Maria, come Giovanni; tutto ciò che dobbiamo fare è soffrire, offrire e offrirci, in unione al Redentore e alla Corredentrice, per il bene della Chiesa e la salvezza del mondo. Là non soltanto siamo assolutamente al sicuro, ma possiamo pure ricevere, attraverso la Mediatrice di tutte le grazie, la gioia ineffabile dello Spirito Santo, di cui nessuno al mondo potrà privarci; là troviamo la nostra Genitrice, che ci circonda di cure amorosissime, come la migliore delle madri, e dalla quale nessuno al mondo potrà mai strapparci.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia ed a te non ricorre, / sua disïanza vuol volar sanz’ali (Dante Alighieri, Paradiso, XXXIII, 13-15).